Furono due i killer che uccisero Cavallo

 

Inserita il 13/06/2009

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La faida di Papanice approda in corte d’assise e in aula il clima si fa incandescente sin dalla prima udienza.

Davanti ai giudici un solo imputato, Andrea Corrado, vent’anni appena, indicato dall’accusa come il killer di Giuseppe Cavallo, 27 anni, crivellato dai colpi alla testa, al volto, all’addome, all’interno di una vecchia Opel; la stessa auto nella quale è rimasta ferita anche la moglie Rosa Russelli, 22 anni, raggiunta da sette proiettili al ventre e alle gambe; e poi un bambino, il loro figlioletto di appena tre anni, rimasto illeso per un miracolo in quell’inferno di piombo e sangue. Giuseppe Cavallo è stato ucciso nel primo pomeriggio del 25 marzo 2008 per le vie di Papanice in risposta all’agguato, avvenuto solo tre giorni prima, nel quale ha trovato la morte Luca Megna, figlio del boss Mico Megna, e sono rimaste ferite la moglie e la figlioletta di appena 5 anni. Cavallo, infatti, oltre ad averne sposato la cugina Rosa, era ritenuto molto vicino a Leo Russelli, a capo di un gruppo ormai da tempo in aperto contrasto con il clan Megna.

I fotogrammi di quel drammatico pomeriggio di sangue sono stati ripercorsi mercoledì scorso in aula dalla donna che, malgrado la pioggia di proiettili che la raggiunse all’addome e alle gambe, è riuscita a scampare alla morte. E ora si è costituita parte civile nel processo.
Una testimonianza, quella di Rosa Russelli, per alcuni versi sconcertante.
La moglie della vittima, interrogata dal pubblico ministero Sandro Dolce titolare delle indagini sulla faida di Papanice, non ha voluto attribuire un esplicito nesso ai due episodi ma si è limitata ad evidenziare quello che rimane un dato di fatto oggettivo: il 22 marzo veniva ucciso Luca Megna mentre si trovava in auto con la moglie e la figlioletta, tre giorni dopo scattava l’agguato mortale a Giuseppe Cavallo in auto con la moglie e il figlio. Rosa Russelli, inoltre, nel ripercorrere i momenti più drammatici dell’agguato, ha spiegato che subito dopo la sparatoria in cui rimase ferita era talmente sconvolta che non prestò neppure attenzione al figlio che stava nella Opel con lei e il marito; il bimbo venne preso in consegna da Alfonso Carvelli che lo portò a casa di uno zio, mentre le prime persone che si occuparono di lei furono Vito Mazzei, che le tenne la mano per rassicurarla prima che fosse accompagnata all’ospedale, e Salvatore Foresta, peraltro citato come teste a discarico dai difensori di Corrado, che telefonò al padre della donna per avvisarlo di quanto era accaduto.
Alcuni dei nomi citati da Rosa Russelli, com’è noto, compaiono spesso nelle indagini della magistratura sulle cosche di Papanice. La stessa donna, del resto, ha riferito in aula che il marito accompagnava spesso con l’auto Leo Russelli perché il boss, sottoposto alla sorveglianza speciale, non poteva guidare; e, ancora, che frequentava Rocco Aracri, il 25enne di Papanice che nel maggio dello scorso anno ha fatto ritrovare alla Polizia un arsenale nascosto sotto terra per conto, sostengono gli inquirenti, proprio della cosca Russelli.

Ma soprattutto la donna ha introdotto un elemento di novità che potrebbe avere conseguenze sul prosieguo del processo contro Corrado: a sparare contro la loro auto, quel giorno, furono due persone. Rosa Russelli, nelle dichiarazioni verbalizzate subito dopo l’agguato, asserì invece di aver visto un solo killer, salvo poi rettificare nei giorni successivi. Così come di un solo killer ha sempre parlato il teste chiave dell’indagine: Marina Cavallo, sorella della vittima, che agli investigatori prima ed ai magistrati poi ha raccontato di aver incrociato lo sguardo dell’assassino, sebbene con il volto coperto da una calza, che impugnava una pistola con la canna lunga; ne ha descritto le fattezze fisiche, molto somiglianti a quelle di un ragazzino di corporatura magra che per un certo periodo aveva frequentato suo fratello, e ne ha indicato nome e cognome: Andrea Corrado.

E proprio sul punto delle fattezze fisiche è arrivato il colpo di scena. Mentre Rosa Russelli testimoniava, una donna presente tra il pubblico, che poi è risultata essere una sua cugina, ha esclamato a voce alta: “non ricorda più le cose che doveva dire; è da un anno che mi parla delle fattezze fisiche dei due killer, mi ha sempre detto che erano magri. Dite al pubblico ministero di chiederle dell’aspetto fisico di quelle persone”. Le sue parole sono state udite da due finanzieri in borghese che le erano accanto e che hanno riferito l’accaduto al pm Dolce.
Il rappresentante della pubblica accusa, a quel punto, ha chiesto una sospensione dell’udienza temendo che Rosa Russelli fosse stata intimidita prima del processo. Quindi ha chiamato a deporre prima i due finanzieri, che hanno confermato quanto avevano udito in aula, e poi la donna, che ha ribadito quanto le avrebbe raccontato in precedenza la cugina.
E’ stato quindi ascoltato il perito balistico che ha parlato di due armi usate per l’agguato, una pistola automatica e una a tamburo. I giudici, infine, hanno accolto la richiesta del pm Dolce di acquisire le intercettazioni dei colloqui avvenuti in carcere tra Corrado e il fratello.
Il processo riprenderà il prossimo 6 ottobre quando Marina Cavallo, sorella della vittima, sarà chiamata a confermare in aula le sue accuse. Ma il difensore di Corrado, l’avvocato Sergio Rotundo, ha già preannunciato nuovi colpi di scena.
(d.p.)
Tratto da il crotonese.it


Autore: Fausto

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