Fotografo intimidito e sequestrato

 

Inserita il 18/06/2008

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Il collaboratore del Quotidiano stava realizzando un servizio sulle scritte per il figlio del boss

Scatti “vietati” a Papanice di Crotone per i muri inneggianti a Megna


RICOMPARSE a Papanice di Crotone le scritte inneggianti a Luca Megna. Gravemente minacciato il fotografo del Quotidiano che le riprendeva.

La mafia ha tentato di mettere il bavaglio al diritto di cronaca. Lo ha fatto ieri, nel quartiere Papanice, dove il nostro fotoreporter è stato intimidito e “sequestrato” da un uomo di un clan. Che gli ha fatto passare un
brutto quarto d’ora, anche se al nostro collaboratore sarà sembrata un’eternità. Avevamo inviato il nostro fotografo a Papanice per realizzare un servizio sulle nuove scritte apparse sui muri, inneggianti al presunto boss Luca Megna, ucciso in un agguato la scorsa vigilia di Pasqua.

Soltanto lo scorso mercoledì erano state cancellate le scritte vergate precedentemente. Ma nella notte tra domenica e lunedì scorsi una nuova sfida contro lo Stato è stata aperta dai “soliti ignoti”, che così hanno inteso manifestare la loro “vicinanza” a Luca Megna, figlio del boss Mico. Luca lo scorso 23 marzo venne
assassinato in un agguato mafioso nel quale rimase gravemente ferita anche la figlioletta di cinque anni. Le scritte sono state tracciate a caratteri cubitali con vernice di colore rosso, grigio e blu sui muri del centro abitato di Papanice.

''Viva Luca Megnà”. ''Luca Megna sarai sempre nei nostri cuori”.“Viva Luca Megna per sempre”. Una frase analoga venne cancellata nei giorni scorsi dopo l’intervento della polizia che ha effettuato anche dei rilievi fotografici. Per tutta risposta, nottetempo, i sostenitori del boss assassinato sono tornati alla carica e hanno imbrattato più muri “liberi”. Il “pensiero” forse più significativo quello impresso vicino al cimitero, dove il giovane fu seppellito a conclusione dei funerali blindati: “Dai muri ti possono cancellare, dai nostri cuori
mai”.

A Papanice sono intervenuti gli agenti della Squadra Mobile della Questura che hanno ridocumentato fotograficamente quella che costituisce un’offesa al senso civico. L’agguato a Luca Megna, trentasettenne figlio del boss Domenico Megna attualmente detenuto, è avvenuto, infatti, nell’ambito di una faida contro il clan avverso capeggiato da Leo Russelli; agguato al quale, due giorni più tardi, ha fatto seguito quello in cui è stato ucciso Giuseppe Cavallo, di 27 anni.

Ma è grave anche quello che è avvenuto ieri intorno alle 16. Il nostro fotoreporter stava facendo il suo lavoro
quando è stato bloccato da un uomo sopraggiunto con un quadriciclo, il genere di vetture che si possono guidare senza patente, di cui è sprovvisto in quanto sottoposto alla sorveglianza speciale. Si tratta di un presunto esponente di spicco della criminalità organizzata locale, parente della vittima di Pasqua.

L’uomo ha detto al nostro fotoreporter che non poteva scattare quelle foto e gli ha chiesto di distruggere i files, altrimenti avrebbe mandato in frantumi la macchina fotografica. Il nostro fotografo in un primo tempo ha abbozzato, riferendo che era lì per fare il suo lavoro. Poi si è detto disponibile a cancellare i files. Questo, però, all’uomo del clan non è bastato. Lui ha preteso di portare il fotoreporter presso un fotografo “di fiducia”.

Dal quale il nostro collaboratore è arrivato a bordo della vettura condotta dal pregiudicato, che al fotografo
non ha consentito neanche di usare la sua auto. Giunti presso lo studio “di fiducia”, sono stati distrutti i files, anche quelli che servivano al fotografo nell’ambito della sua attività professionale non legata alla collaborazione col giornale. Alla fine l’uomo del clan ha incaricato altre due persone di riaccompagnare il
fotografo alla sua auto.

L’hanno scaricato a qualche decina di metri dalla propria vettura. Se ci siano i presupposti per ipotizzare reati come l’estorsione e il sequestro di persona con la connessa aggravante del metodo mafioso o si tratti
di mera violenza privata dovranno essere la polizia e la magistratura a stabilirlo. Intanto, per il nostro collaboratore è già stata prevista una forma di tutela e non è escluso che della vicenda sarà investito il Comitato provinciale per l’ordine pubblico.

Le foto delle scritte ci sono state comunque fornite dalla Questura.

Tratto da: ilquotidianodellacalabria.it



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