.:InformaGiovani di Badolato

 

Le rubriche della Consulta Giovanile di Badolato

Consulta Giovanile Ulixes

Pianeta Giovani

C.so Umberto I n°192
88061 Badolato (CZ)

www.cgbulixes.too.it
e-mail: cgb.ulixes@virgilio.it


Titolo Rubrica : MONTI – FOSCOLO e i classici


Pubblicata in data : 10/5/2005



La cultura neoclassica ha trovato un terreno particolarmente favorevole in Italia, dove i modelli del passato erano radicati nella formazione di ogni intellettuale; fin dagli inizi del Settecento l’Arcadia aveva reagito in nome della fedeltà ai classici ed i suoi teorici avevano insistito sulla nozione di “bello ideale”. Il gusto arcadico aveva però portato verso uno stile galante che poteva risultare frivolo e molto superficiale, mentre la cultura illuminista aveva favorito una certa disinvoltura nei confronti della lingua e dello stile, in nome della priorità delle idee da divulgare. Proprio in questo contesto particolare, il neoclassicismo manifesta l’esigenza di tornare ad un lavoro stilistico molto più rigoroso, attraverso un’aderenza più fedele ai famosi modelli latini e dei secoli d’oro di tutta la nostra letteratura.

Per alcuni questa esigenza si riduce a un esercizio stilistico particolare seguito da un culto dell’eleganza verbale fine a se stessa: ad es. il caso dei “puristi”.
Per altri però il richiamo ai classici rappresenta anche la volontà di dare una “espressione letteraria” a contenuti impegnativi e profondi : basta pensare, come abbiamo visto a lezione, alle tragedie di Alfieri, in cui la fedeltà ai “canoni classicisti” e lo “stile energico e severo” sono in funzione dell’espressione di grandi conflitti ideali. Un altro aspetto comune a tutta la letteratura neoclassica è a sua “impronta aristocratica”: lo stile neoclassico è uno stile lavorato e difficile, di cui solo lettori molto colti possono apprezzare le “squisitezze”; la lingua è “arcaizzante e preziosa” e può parlare della realtà contemporanea solo attraverso un “gioco di raffinate perifrasi e allusioni”. Anche quando tratta temi attuali e scottanti, lo scrittore neoclassico lo fa per una cerchia eletta è questo è il caso di Parini e di Foscolo. Molte volte ancora, il “culto della perfezione formale”, porta il poeta, soprattutto nell’ultima parte della sua vita, a chiudersi in un lavoro stilistico di “rifinitura letteraria” che non ha mai fine e che riguarda solo ed esclusivamente lui. Questo è infatti il c.d. “fenomeno ricorrente” di un’opera suprema limata per anni e lasciata poi incompiuta: ad es. la Notte di Parini e Le Grazie di Foscolo.

Nei primi anni dell’Ottocento la poesia italiana è tutta neoclassica ed il “neoclassicismo” è il lessico obbligato di qualsiasi letterato intenzionato a scrivere versi e poesie. Anche coloro che sarebbero poi stati i protagonisti della svolta romantica, come Manzoni e Berchet, esordirono da giovani-poeti con “versi neoclassici”.

Il “principe” indiscusso, definito anche “Primo poeta d’Italia”, della letteratura dell’epoca fu Vincenzo Monti ( 1754 – 1828 ). Nato in Romagna, si trasferì a Roma, dove visse negli ultimi due decenni del Settecento, segretario di un nobile dell’aristocrazia papalina. Giovane bellissimo, che avuto grandissima fortuna con le donne, ottenne subito fama per la sua straordinaria “maestria di verseggiatore”, con componimenti in gran parte d’occasione. Produttore di una mole straordinaria di opere viene ricordato fondamentalmente per le sue importantissime “traduzioni” . Traduttore e grande esponente di una cultura che fa delle “traduzioni” uno strumento importante per lo sviluppo di tutta la letteratura moderna dell’epoca
( Nb: tra la fine del 700 ed i primi dell’800 la “traduzione” gioca un ruolo importante nella letteratura italiana con le figure di Cesarotti, Pindemonte. Anche Foscolo e Leopardi si erano cimentati in essa e Parini scrive il modo in cui tradurre, riportandoci allo stile del latino con tutti i suoi latinismi ed artifici difficili).

Tra le opere di Monti, di questo periodo letterario, si ricordano l’ode “Al signore di Montgolfier” del 1784, che in “strofette di stampo arcadico” celebrava la “prima ascensione in pallone”, e il poemetto in terzine “Bassvilliana” del 1793, la cui “struttura di visione” resterà tipica tanti altri suoi componimenti. È evidente che il poemetto rispecchiava i “sentimenti anti-rivoluzionari” degli ambienti curiali romani. Ma quando la campagna di Napoleone provocò anche in Italia il crollo dei vecchi regimi , Monti si trasferì a Milano, dove divenne rapidamente il poeta ufficiale della repubblica giacobina, poi di Napoleone e del “regno italico satellite”. Al Momento della restaurazione il poeta si convertì di nuovo e scrisse per celebrare il ritorno degli Austriaci ed esecrare Napoleone.

Ma le sue cose più significative degli ultimi anni non sono più legate alle occasioni politiche: sono un ampio intervento sulla questione della lingua , “Proposta di alcune correzioni e aggiunte al vocabolario della Crusca”, ed il sermone in versi “Sulla mitologia”. La storia degli atteggiamenti politici di Monti è dunque quella di una “figura esemplare di voltagabbana”; non interessa tanto considerare il fatto da un punto di vista morale, quanto sotto il profilo della concezione del rapporto fra il letterato ed il potere. Erede della lunga tradizione cortigiano, probabilmente Monti era convinto in buona fede che il suo compito fosse di celebrare in versi raffinati il potente di turno; il suo caso colpisce perché al suo tempo i mutamenti di potere non sono più semplici avvicendamenti di case regnanti, ma coinvolgono conflitti ideali e sociali ( “patetico anacronismo, insomma, più che bassezza morale” ).


Nella sua vasta produzione letteraria Monti mostra una straordinaria padronanza di tutte le forme della tradizione poetica italiana: terzine, ottave, endecasillabi sciolti, sonetti, canzoni, tragedie. La sua “strategia poetica” consiste nel “prendere spunto d’occasione, tradurlo in un mito, decorarlo di immagini, pause descrittive, versi sonanti pieni di echi letterari e con grande versatilità può servirsi del repertorio di immagini e miti classicisti ispirandosi alla tradizione poetica italiana ed europea”. Può così “passare dai temi politici e celebrativi a quelli personali ed introspettivi”, fino ad anticipare motivi di sensibilità romantica come nei “Pensieri d’amore” (1783), che possono ricordare i primi “Idilli” di Leopardi per “l’inquieto errare tra stati d’animo patetici”. Ma in tutta questa varietà di temi e di modi Monti resta sostanzialmente uguale a se stesso; questo spiega anche quell’impressione di superficialità che diede già ad alcuni tra i suoi primi lettori e critici, pur nell’ammirazione universale per la sua bravura.
La sua opera più letta e duratura resta, come visto già sopra, resta la traduzione in endecasillabi sciolti dell’Iliade, in cui il testo omerico, seguito con una certa libertà, gli offre “la materia per esprimere in versi sonanti il sogno neoclassico di un’umanità eroica”.

Nella fase tra romanticismo e neoclassicismo si colloca la figura di Foscolo e soprattutto la sua produzione poetica dei “Sonetti” e delle “Odi”. Infatti, nelle poesie pubblicate nel 1803, e cioè nei dodici sonetti e nelle odi “A Luigia Pallavicini caduta da cavallo” ed “All’amica risanata, Foscolo sviluppa le due anime fondamentali della sua poetica, che corrispondono quasi ai due volti psicologici e letterari delineati nella sua produzione poetica: da un lato la passionalità, il forte coinvolgimento nelle vicende contemporanee presenti nell’Ortis; dall’altro il richiamo alla classicità come rifugio in un mondo “altro”, diverso, fatto di serenità e di bellezza, lontano dai tumulti e dalle brutture della storia. In esse “i fatti ed i sentimenti vissuti, che nel romanzo si esprimevano in toni gridati ed enfatici, tendono a comporsi in una forma equilibrata, grazie anche ai vincoli imposti dalle strutture metriche chiuse che Foscolo padroneggia con maestria eccezionale”.

Nelle “Odi” i riferimenti autobiografici sono “tenui e banali”: una delle tante gentildonne frequentate da Foscolo che cade da cavallo, un’altra che guarisce da una malattia. Ma, specialmente nella seconda, il “gran dispendio delle immagini mitologiche e il nitore del linguaggio neoclassico trasfigurano l’occasione di partenza”: la donna guarita che si alza da letto, si veste, suona l’arpa, danza, è un’incarnazione della Bellezza, unica consolazione di fronte alle frustrazioni ed ai limiti dell’esperienza umana; e al poeta, erede dei grandi lirici greci, spetta il compito di cantare questa “bellezza” rendendo eterno il ricordo dell’amica.
Così anche un semplice complimento galante si trasforma nell’evocazione di un mondo di un mondo di perfetta armonia, dove, grazie alla forza creatrice della poesia, le aspirazioni umane più profonde ed inappagate sembrano trovare grande soddisfazione.

In contrasto con le “Odi”, i primi otto sonetti ricordano da vicino l’ispirazione tempestosa dell’Ortis: “frementi autoritratti, amori burrascosi, la tentazione del suicidio” con una “intonazione titanica ed uno stile modellato su quello di Alfieri”.
Gli ultimi quattro, “Alla sera”- “A Zacinto”- “In morte del fratello Giovanni”- “Alla Musa”, mettono invece a frutto la misura “rigorosamente esatta” del sonetto e la ripresa degli autori classici per creare un “linguaggio nuovo”, che imprime una forma armoniosa, rasserenata. Qui i riferimenti autobiografici - il pensiero della morte, le tristi vicende familiari, il ricordo della terra materna, la vocazione alla poesia – si fissano in immagini essenziali ed importanti, “avvolte da un clima mitico e suggestivo” ed il “lessico aulico, l’ampiezza e la complessità della costruzione del periodo spesso in forte tensione con le pause metriche, conferiscono al discorso un tono meditativo e solenne”.

Così, il classicismo dell’ode “All’amica risanata” e dei sonetti maggiori si differenzia “sia dai ritmi eleganti e cantabili dell’Arcadia sia dall’uso erudito ed ornamentale dei modelli antichi” sperimentato precedentemente da Monti. Per Foscolo il riferimento ai grandi autori – da Omero a Catullo, da Tetrarca ai petrarchisti del Cinquecento – mira, pertanto,ad inserire i fatti, le emozioni, i concetti, in un orizzonte più ampio, valido per tutti i luoghi e per tutti i tempi. Quando Foscolo canta il suo dolore per la morte del fratello “intessendo una fitta rete di citazioni e di reminiscenze letterarie”, non lo fa semplicemente per abbellire il testo o per far sfoggio di cultura ma per dare il senso di eternità del sentimento provato.
Così il continuo “accostamento tra i miti classici e fatti contemporanei – la donna amata e le dee della Grecia, l’esilio di Foscolo e quello di Ulisse, Zante e Zacinto- mira ad avvolgere le vicende del presente nel fascino delle favole antiche, e contemporaneamente a ri-vitalizzare l’eredità letteraria del passato coniugandola con le emozioni della vita vissuta”.

Questa idea di poesia, che Foscolo stesso definisce come fusione del “mirabile”, e cioè del “mito classico”, con il “passionato” , e cioè i “sentimenti contemporanei”, contiene in sé entrambe le polarità trattate e messe i rilievo dal Nostro: “la disarmonia rispetto alla realtà così com’è, ed il desiderio di cercare rifugio in un mondo sognato”.
Specialmente in “A Zacinto” l’evocazione della classicità come vera e propria patria ideale, meta desiderata ed irraggiungibile, assume una connotazione nostalgica tipica del c.d. “neoclassicismo-romantico” e rende il Foscolo suo grande esponente di spicco.




Autore Guerino Nisticó

Torna alla pagina precedente

 

 

.:Ritorna alla Home Page


.:Credits

Queto sito è stato creato da: Ing. Fausto Gallucci e Dot.ssa Simona Scoppa

I Contenuti del sito sono della Consulta Giovanile di Badolato

Sei il visitatore n. dal dicembre 2004

 
Link    
Papanice   
Badolato